ESUS FLOWCHART - Percorso diagnsotico-terapeutico (RNC - Lecce)

Scritto il 09/01/2021
da Leonardo Barbarini, Cosimo Angelo Greco, Marcella Caggiula, Annalisa Rizzo, Salvatore Zaccaria (RNC Lecce)


Le principali cause di stroke ischemico sono le stenosi aterosclerotiche che interessano le grandi arterie, le fonti cardioemboliche, le stenosi occlusive dei piccoli vasi che determinano gli infarti lacunari, alcune rare malattie (vasculiti, alterazioni della coagulazione, la malattia di Fabry), ed infine un insieme di cause indefinite che danno origine agli stroke criptogenici che comprendono quindi una popolazione di pazienti eterogenea. (Fig. 1)

Lo stroke criptogenico comprende il 25% degli stroke ischemici. All’interno dello stroke criptogenico vi è un sottogruppo di pazienti definito ESUS (Stroke Embolico ad origine sconosciuta) che ha le seguenti caratteristiche: quadro TC/RMN di ictus embolico, assenza di FA o altri fattori di rischio maggiore di ictus cardioembolico, assenza di stenosi  aterosclerotiche > 50% congrue con la lesione, nessun’altra causa specifica.

I pazienti definiti ESUS rappresentano il 17% degli stroke ischemici, son pz più giovani, con stroke di estensione minore, ma che mostrano un considerevole tasso di recidiva che oscilla tra il 4 ed il 5% per anno. Per questa ragione è importante non accettare questa diagnosi di ESUS come finale ma piuttosto intraprendere un percorso diagnostico più esteso con indagini mirate ad evidenziare il substrato patogenetico più probabile nel singolo paziente ed instaurare la terapia più appropriata. 

Quindi nei pazienti anziani e con fattori di rischio cardiovascolari cercheremo i segni del danno vascolare aterosclerotico (placca instabile, anche senza stenosi emodinamicamente critica), anche con tecniche di imaging avanzato (TC e RMN o TEE per lo studio dell’arco aortico), mentre nei pazienti anziani con segni ecocardiografici di cardiopatia atriale (atrio sn dilatato, disfunzione dell’auricola atriale sn e con morfologia plurilobata) cercheremo la presenza di fibrillazione atriale con l’impianto di loop recorder.

Nei pazienti giovani senza fattori di rischio cardiovascolare indagheremo la presenza di un PFO e di aneurisma del setto interatriale perché sono ormai forti le evidenze scientifiche che mostrano il vantaggio della sua chiusura rispetto alla terapia medica.

L’approccio diagnostico inizia con un ecocardiogramma TT che può già evidenziare un’ipermobilità del setto interatriale, il passaggio successivo è eseguire un ecocardio-contrastografia transtoracica e se positivo un TEE che consente di analizzare alcuni aspetti anatomo-funzionali utili alla stratificazione prognostico-terapeutica nel singolo paziente.

Figura pag. 2: Una volta ottenuta la diagnosi e la caratterizzazione del PFO si deve valutare il suo ruolo causale nel contesto di un team neuro-cardiologico, dal momento che il riscontro di un trombo in transito attraverso il FO è di difficilissimo riscontro e un PFO è presente nel 25% della popolazione generale e può quindi coesistere casualmente, come un testimone innocente.

La valutazione del ruolo del PFO nel determinare l’evento ischemico deve essere individualizzato per il singolo paziente esprimendo un critico giudizio clinico, in maniera interdisciplinare tra medici che considerano con il giusto peso le caratteristiche cliniche, anatomiche e di imaging.

La presenza di un aneurisma del setto, un ipermobilità del setto, un severo shunt e la simultanea embolia polmonare o la trombosi venosa profonda sono fortemente collegate ad un ruolo causale del PFO ed il rischio di recidiva risulta essere elevato in presenza di aneurisma del setto interatriale e disordini della coagulazione.

In tutti gli scenari clinici ciò che deve guidare il trattamento del PFO sono due concetti fondamentali: 1 la probabilità che quel PFO abbia un forte nesso di causalità nel quadro clinico osservato; 2 la probabilità che l’evento clinico osservato possa recidivare. Per i pazienti con la probabilità elevata per entrambi i fattori e un’età inferiore a 65 anni si dovrebbe consigliare la chiusura del PFO, condividendo la decisione con il paziente. Per i pz con età > 65 anni o con bassa o incerta probabilità per entrambi i fattori si dovrebbe valutare il rischio di sanguinamento e di recidiva e consigliare la tp medica o interventistica. E’ sempre necessario arrivare ad una scelta terapeutica condivendo la decisione con il paziente possibilmente facendo firmare al paziente un consenso informato.

 

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Leonardo Barbarini, Cosimo Angelo Greco, Marcella Caggiula, Annalisa Rizzo, Salvatore Zaccaria (RNC Lecce)


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